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ST21 Gazette Aprile 2021

MANGIA COME BALLI

CARBOIDRATI SI O CARBOIDRATI NO?

I FALSI MITI DEI CARBOIDRATI
ST21 Gazette Aprile 2021 balla come mangi

Bentornati da ST21 Gazette di Aprile 2021

Da anni, si combatte con la falsa credenza che la causa maggiore di aumento di peso siano i carboidrati, attuando spesso dei comuni errori come eliminarli completamente dalla nostra alimentazione. Un punto importante su cui è opportuno soffermarsi è il tipo di carboidrati che si assumono: bisogna prediligere i carboidrati non raffinati come cereali integrali ( pasta, cereali e pane integrali). Inoltre è importante conoscere le fonti alimentari da cui possiamo ricavare i carboidrati tra cui diversi tipi di cereali: orzo, farro, riso, cous cous.

Se siamo delle persone molto sportive e le giornate sono particolarmente attive, il consumo di carboidrati è fondamentale per affrontare le giornate al meglio con Energia e successo, poiché dai carboidrati ricaviamo il glucosio, il quale viene accumulato nei nostri muscoli come glicogeno, importante riserva energetica che viene consumata durante l’attività fisica e che ci da l’energia necessaria per compiere lo sforzo fisico.

Togliere completamente i carboidrati dall’alimentazione NON porta a dimagrimento duraturo e sano,  bensì a un apparente perdita di peso che molto spesso non è una reale perdita di massa grassa ma bensì  una perdita di liquidi corporei facilmente recuperabili nel giro di poco tempo. Inoltre l’assenza di carboidrati porta ad un rallentamento del  metabolismo, poiché l’ organismo attua dei processi metabolici che si oppongono alla perdita di peso. Il nostro corpo è come una macchina che necessita di calorie per andare avanti e compiere le proprie azioni, ridurre l’apporto nutrizionale in modo drastico porterà il nostro corpo a uno stress fisiologico che non porta a perdita di peso reale, sano e duraturo.

Un’adeguata soluzione sarebbe invece quella di attuare una corretta alimentazione e soprattutto equilibrata introducendo tutte le fonti nutrizionali importanti: carboidrati, proteine, lipidi. Un discorso diverso va fatto per quanto riguarda gli zuccheri semplici: il normale zucchero da cucina, il fruttosio e i dolcificanti.

Questi infatti appartengono alla categoria di zuccheri non essenziali, in quanto li ricaviamo normalmente dalla frutta e dalle verdure e dagli alimenti, perciò addizionare zuccheri e dolcificanti in bevande quali tè, caffè, tisane non è assolutamente necessario per il nostro organismo bensì deleterio soprattutto se consumati in eccesso. Gli zuccheri semplici infatti se consumati in eccesso portano ad aumento del peso corporeo  oltre che a patologie quali diabete, e problemi cardiovascolari. Abituati gradualmente a consumare le bevande sopra citate senza l’aggiunta di zuccheri né dolcificanti!

CONSIGLI

In ogni pasto della giornata il carboidrato non deve mancare, il segreto è consumare i carboidrati giusti e nelle adeguate quantità: prediligi cereali integrali ( pane, pasta, crackers, fette biscottate integrali), sia a colazione , pranzo che cena.

  • Colazione: es fette biscottate integrali
  • Pranzo: es pasta integrale, riso integrale, orzo, farro sono cereali poco raffinati, ad alto potere saziante e sono assorbiti più lentamente così da renderci più sazi prima e in modo più duraturo, e si trasformano meno in zuccheri che se sono in eccesso si convertono in grassi e portano all’aumento di peso.
  • Cena: pane integrale / pane di segale / crackers integrali/ gallette di mais, farro, riso.

È opportuno sottolineare che ognuno di noi in funzione della perdita di peso che deve sostenere dovrà attuare degli adattamenti nutrizionali diversi, una persona sedentaria che non pratica attività sportiva consumerà un quantitativo di carboidrati inferiore rispetto a una persona che si allena spesso ed è attivo e dinamico che necessiterà di un quantitativo di carboidrati maggiore. Non può esserci un quantitativo standard di carboidrati, ma sarà diverso per ogni individuo in funzione del peso corporeo, metabolismo, livello di attività fisica, parametri che sarebbe opportuno analizzare con specialisti esperti, cosi da poter costruire un piano alimentare equilibrato per il diretto interessato e ottenere i risultati migliori.

Quindi i carboidrati SI: meglio se integrali, nelle corrette dosi, alternandoli nei giorni e in funzione del quantitativo di attività fisica che svolgiamo.

Cecilia Grosso


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BLACK CINEMA

PART. 2

Per alcuni anni non furono fatti film sulla danza dopo la saga di House Party, bisogna aspettare il decennio successivo perché arrivi Save The last Dance, una bellissima colonna sonora, tra i protagonisti anche Fredro Starr degli Onyx, Julia Stiles e Sean Patrick Thomas. Il film ha una buona rappresentazione della cultura Club Hip Hop e c’è la prima fusione dell’Hip Hop Freestyle con la Danza Classica.

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One sheet movie poster advertises ‘Crooklyn,’ directed by Spike Lee and starring Alfre Woodard, Delroy Lindo, and Zelda Harris (Universal Pictures), 1994. (Photo by Jeffrey Henson Scales/John D Kisch/Separate Cinema Archive/Getty Images)

 

Poi arrivò Stomp the Yard dove troviamo anche NeYo e Chris Brown. Qui c’è una fusione tra l’Hip Hop Freestyle e lo Stomp molto in auge nelle Università Americane. Anche questo film ebbe un discreto successo, ma il film che predomina il primo decennio del nuovo secolo è sicuramente Street Dance Fighter con i B2K, credo che sia l’ultimo film veramente in sintonia con la filosofia Hip Hop e con l’Hip Hop Dance stessa, purtroppo negli anni a venire diventò marginale e accorpato sempre a più discipline.

In quel periodo uscì anche Honey con Jessica Alba e un cameo di Missy Elliot, film carino ma non fondamentale, comunque và bene al botteghino e ne esce una trilogia, il secondo episodio che preferisco ha un taglio più urbano e la trilogia finisce con la cantante/ballerina Cassie e approdano verso l’Afro/Dancehall.

Dopo Save The Last Dance c’è un aumento vertiginoso di corsi di Hip Hop Dance e le scuole si moltiplicano, la richiesta per questa tipologia di film aumenta, quindi con un aumento di budget nasce la saga di Step Up con i suoi 5 capitoli.

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Il problema per questa ultima saga che con l’avvento di tanti stili nuovi hanno cercato di aggiungere film dopo film sempre più stili legati a questa scena denominata urban secondo me esagerando, creando confusione aggiungendo anche Capoeira, Parkour e altre discipline per attirare più pubblico possibile. I film erano molto patinati e confezionati bene, moltissimi ballerini di fama furono coinvolti e grazie a questa saga ogni nazione creò un proprio “Step Up” purtroppo mai arrivando alla qualità della saga originale.

Quindi anche in Europa con Street Dance dove purtroppo giocano ancora una volta la carta della Danza Classica, invece più coinvolgente il secondo capitolo anche se il format purtroppo non si discosta mai dai soliti canovacci. Anche l’Italia ci ha provato con “Balla con Me”, uscito insieme ad altri film di quel periodo mediocri ed anche noi non abbiamo fatto una bella figura. Interessante invece il film francese “The Dancer” che si discosta da qualsiasi altro film degli ultimi 20 anni dove una ballerina muta riesce a parlare attraverso la danza, non vi spoilero nulla, andatelo a cercare, il film era prodotto da Luc Besson.

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I Canadesi avevano preso i diritti per il sequel di Street Dance Fighter dove era presente anche Storm (che non ballava) e i Flying Steps ma purtroppo il film non era a livello, invece si vocifera ad un sequel con gli stessi attori sperando di bissare la qualità del primo.

Invece le commedie dagli anni 90 hanno sempre avuto un grande successo sia al cinema che in tv con film e sitcom dove sempre più spesso i/le rapper partecipavano alle produzioni. Ricordo “Moesha” con Brandy. “Living Single” con Queen Latifah, lo show televisivo “A Living Colour” con Jamie Foxx, “Martin” con Martin Lawrence, “Fresh Prince of Bel Air” con Dj Jazzy Jeff & The Fresh Prince

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Family Matters” dove parteciparono anche Johnny Gill Boogaloo Shrimp o “Tutto in Famiglia” con Marlon Wayans, ultimamente su Netflix trovate anche “All about the Washington” con Run dei Run DMC. Invece nella categoria sei film tra le centinaia di produzioni vi consiglio “Chi non Salta Bianco è” con Wesley Snipes e Rosie Perez, “Soul Food” che è una commedia bellissima sui sentimenti, “Strickly Business”, “Detective Shame”, “Pioggia di Soldi” “CB4” di Chris Rock di cui abbiamo già parlato, la saga di “Bad Boys”, “Da Poliziotto a Ladro” sempre con Martin Lawrence, la parodia di “Pensieri Pericolosi” con Michelle Pfiffer con una mega colonna sonora dal titolo “Pensieri Spericolati”, ricordiamo il secondo capitolo di “Sister Act” dove troviamo Lauryn Hill.

Eddie Murphy che negli anni 80 prende un posto rilevante a livello mondiale come comico con film come “Beverly Hills Cop”. “Il Bambino d’Oro”, Una poltrona per Due”, “Il Principe cerca Moglie”  negli anni 90 ritorna con un superclassici come “Il Principe delle Donne” e i due capitoli de “Il Professore Matto” principalmente poi ritornerà in auge con “Dreamgirls” dove conferma di avere una grande dote canora.

Con l’arrivo delle piattaforme digitali sono anche aumentati serie tv e documentari su personaggi e fatti storici che spesso e volentieri non venivano raccontate nei programmi scolastici. Difficile elencarvi tutto quello che è uscito, anche perché per esempio in America sono usciti diversi biopic per la TV veramente fatti bene, che ci descrivono la vita e la carriera dei New Edition, TLCAaliyahToni BraxtonBobby BrownSalt’n’Pepa, di solito prodotti da i due canali ormai specializzati in questo tipo di produzioni, Lifetime e BET.

Rimanendo sui biopic ricordiamo invece quelli delle grandi produzioni come “Notorious”, “All Eyez on Me”, “MAlcom X”, “Straight Outta Compton”, “What’s Love got to do with It”, “ The 5 Heartbeats”, “Ali”, “Get on Up”, “Ray” e molti altri.

Ora vi segnalo i film che dal 2000 non potete non aver visto oltre quelli già nominati: Drumline, Ghost Dog, Barbershop, The Beauty Shop, Dave Chapelle’s Block Party, Sylvie’s Love, Girls Trip, Precious, The Forty Year Old Version, Hidden Figures, MA Rainey Black’s Bottom, 12 Anni Schiavo, Una Notte a Miami, Selma, Spider Man: into a Spiderverse, Get Out, Blackkklansman, Us, Black Panther, Hustle & Flow, Love & Basketball, Paid In Full, Cadillac Records, Sparkle, Brown Sugar, Fighting Temptations, Fresh, Jason’s Lyrics, How High, 8 Mile, Dope, Freedom Writers, Kings, Dance Flick, Get Down, Beats, Roxanne Roxanne, Break, When they See Us. Qui ci sono solo gli essenziali. Il bello del cinema è anche il trovare il proprio filone e scoprire a dove ti porterà il tuo viaggio.

Ricordiamoci anche che non tutto il Cinema Afroamericano rispecchia la Cultura Hip Hop, facile perdere la strada, c’è l’impegno, c’è la sola voglia di divertirsi, l’importante che alla base ci sia una giusta direzione.

Arriverà in futuro un altro capitolo dove andremo più a fondo ma prima ci sono molte altre cose da scoprire. Buon Divertimento dal vostro Hip Hop Nerd di quartiere.

STRITTI

https://www.instagram.com/stritti

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DEEPLE#7

FEDERICO SACCHI

Bentornati al nostro consueto appuntamento. Questo mese vorrei introdurvi un altro artista speciale del panorama torinese: Federico Sacchi, il primo Musicteller di Torino e non solo. Ho conosciuto Federico per caso, al Balon di Torino durante quella domenica di zona gialla prima della chiusura di Natale. Lui dietro un banco di dischi, io affamata e in astinenza da digging. Abbiamo attaccato subito bottone e parlato di musica, mi ha spiegato la sua originale professione e da lì mi è sorta l’idea di proporgli questa intervista per farvelo conoscere. Buona lettura!

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Federico Sacchi ph Simone Dipietro

Bene Federico per cominciare raccontami qualcosa della tua formazione.

Io arrivo da un mondo totalmente altro, sono un grafico editoriale di formazione. Quando ho capito che non era la mia vita, ho mollato tutto e sono andato a lavorare in un negozio di dischi ad Asti. In seguito mi sono trasferito a Torino per lavorare da Fnac dove sono diventato responsabile del reparto dischi. Praticamente ho fatto il mercante di dischi per metà della mia vita!

Quando vendi un disco non stai vendendo un prodotto qualsiasi, stai vendendo un’opera d’arte, un supporto in cui sono fissate speranze, gioie, sofferenze e il lavoro di tantissime persone. Vendere un disco ti permette di portare bellezza nelle vite delle persone.

Ho sempre raccontato le storie di quei dischi, ho studiato per conoscerne il più possibile, anche di musiche molto distante dai miei gusti, e ciò mi ha permesso di appassionarmi a generi che non avrei mai pensato. Volevo veicolare attraverso quelle storie tutta una serie di messaggi, soprattutto a persone giovani, per stimolare la loro curiosità. Con il passare degli anni quei ragazzi diventati adulti mi hanno detto che quello che gli avevo trasmesso era stato fondamentale per formarli come individui. Negli ultimi anni della Fnac ho pensato che avrei potuto raggiungere molte più persone raccontando queste storie in modo più strutturato, acquisendo nuove competenze e sistematizzando il tutto.

Ho iniziato così un percorso che ha portato alla nascita delle esperienze d’ascolto, dei veri e propri documentari dal vivo che fondono musica, storitelling, teatro e video, e di un neologismo per descrivere ciò che faccio ormai da 8 anni, il musictelling appunto.

Dove sei solito performare?

Teatri, festival, locali, tutti i posti in cui si può mettere un impianto audio e uno schermo.

Certo, la morte sua è il teatro per tutta una serie di motivi, ma dover trovare soluzioni per performare in luoghi “altri” può essere molto stimolante.

Hai quindi avuto una formazione teatrale?

Ho imparato un po’ di trucchi lavorando con registi, attori e persone che si occupano di teatro, ma non sono un attore. Sono un divulgatore, un performer. Ciò che vedi sul palco non è una costruzione, sono io.

Il fatto di essere un personaggio un po’ bizzarro sicuramente aiuta la messa in scena! Quello che negli anni mi hanno riconosciuto in molti è la capacità di trasmettere la passione per la musica e le storie che vado a raccontare, che poi è quello che davvero mi interessa.

Che radici ha la tua passione per la musica?

Diciamo che l’inizio è stato un po’ traumatico. Mio padre è un appassionato e collezionista di musica jazz, si svegliava molto presto e metteva la musica a tutto volume. A cinque anni come potrai immaginare non è proprio il massimo… diciamo che il jazz è stato “il nemico” per diversi anni.

Alle medie ho iniziato a capire che la musica era qualcosa di importante nella mia vita, ho scoperto di avere una musicalità e ho iniziato a cantare e suonare il violoncello. Nel momento in cui si è trattato di scegliere se andare o meno al conservatorio, per una storia familiare particolare, mio padre non me lo ha permesso. Ma ormai il danno era fatto, la passione per la musica era esplosa.

Il primo genere a cui mi sono appassionato è stato il metal, passato che non rinnego, anzi! Essendo un ascoltatore curioso ho poi allargato i miei orizzonti e negli anni dell’università ho iniziato ad ascoltare davvero di tutto e ho ripreso a fare musica. Ho studiato lirica e ho iniziato a cantare in un gruppo con cui facevamo la musica di Frank Zappa. Un progetto bellissimo che si è concluso troppo presto ma che ci ha fatto crescere anche a livello umano. Quasi tutti i membri della band oggi sono dei musicisti affermati. Terminata quell’esperienza mi sono dedicato alla musica antica, e da più di 15 anni canto in un gruppo madrigalistico.

Come descriveresti il musicteller?

Il Musicteller è un narratore di musica che attraverso il racconto restituisce al presente gli artisti e il loro passato, proiettandoli verso il futuro. Il mio obbiettivo come narratore è la condivisione di una storia e di un’emozione. Non c’è mai stata la volontà da parte mia di mettermi in cattedra, quello che faccio insieme al pubblico è ascolto condiviso. I miei racconti non sono roba da iniziati.

A livello superficiale è una bella storia per tutti, in cui fornisco in tempo reale gli strumenti per capire il contesto e orientarsi in storie spesso intricate. Dico sempre che in sala ho avuto persone dai 7 ai 92 anni, e tutti si sono portati a casa qualcosa. Sono però racconti stratificati e a seconda della tua conoscenza dei vari argomenti trattati potrai godere dei sottotesti e magari scoprire nuove sfumature di un artista di cui pensavi di sapere tutto.

Quello che faccio è oggi più che mai necessario soprattutto per i giovani. Vorrei cercare di invogliare a pensare con la propria testa, stimolare lo spirito critico, in un momento storico in cui si cerca di fare esattamente il contrario. Per carità, Il Musicteller non è un predicatore, ma cerca di veicolare messaggi che gli stanno a cuore attraverso i racconti.

Forse anche riportare il legame tra musica e società, che oggi sembra un po’ perso.

Diciamo che la musica delle nuove generazioni è specchio della realtà in cui viviamo, una realtà dove non ci sono più punti di riferimento e sono spariti molti dei valori a cui si ispiravano gli artisti del passato. La musica deve però essere anche rottura e raccontare il presente. Un fenomeno come la Trap è una cronaca in tempo reale, e molto di quello che sento francamente mi preoccupa. In passato c’era la voglia di scardinare le convenzioni ma spesso lo si faceva per una ragione. Oggi vedo una glorificazione del vivere l’istante che spesso mi pare più una resa nichilista a un consumo velocissimo della propria vita.

È proprio per questo che nei miei racconti faccio sentire porzioni importanti della canzone o in alcuni casi il brano intero, guidando l’ascolto. Voglio passare il concetto che la musica non è un sottofondo, ma una delle forme d’arte più potenti che esistono. Qualcuno diceva che la musica è un’arma da maneggiare con cura. Nel Rap dagli anni ’90 si è sviluppata tutta la corrente conscious in cui si cerca di veicolare messaggi inclusivi, di tolleranza, di ispirare. Oggi è raro trovare nuovi artisti che vanno in questa direzione, si tende a raccontano il disagio, lo smarrimento ma senza proporre delle soluzioni e passare all’azione. 

La volontà di attivarsi sembra spenta, anche io percepisco questo vivere alla giornata e la piattezza del navigare a vista.

È comprensibile perché si è figli di questo tempo. Dopo l’11 settembre e la crisi del 2007 il mondo è cambiato con un aumento esponenziale del precariato lavorativo ed emotivo. In questo non c’è nessun giudizio morale da parte mia, però faccio un’analisi e mi preoccupo. Quello che posso fare e raccontare, mandare messaggi stimolanti, condividere. Ripeto, penso che il mio lavoro abbia una funzione e inizio a vedere dei risultati, alcune persone hanno iniziato a fare cose simili alle mie, a sviluppare una loro idea di narrazione, un certo percorso come artisti ed io sono orgoglioso di questo.

Ostacoli, paure che hai, che hai avuto?

Conta che io ho mollato tutto a 35 anni, dopo 20 anni di lavoro da dipendente. Se ho avuto paura? Altro ché! È stata una scelta tra il coraggioso e il folle, ma inevitabile. Se vuoi diventare un professionista devi portare le cose a un livello superiore, e per farlo devi dedicarci tutto il tuo tempo e le tue energie. Certo, in questo paese fare un mestiere come il mio non è semplice, anche perché i lavori “artistici” vengono percepiti come un hobby. Ogni tanto mi capita ancora di vivere la scenetta: “che lavoro fai?” “il musicteller” “Ah, figo! e che lavoro fai?”, ma mi succede sempre meno, direi che è un buon segno, no? (ride).

L’arrivo della pandemia chiaramente mi ha destabilizzato e mi ha costretto a rimettermi in discussione. È stata anche un’opportunità però. Mi ha costretto a sperimentare nuovi linguaggi che non conoscevo, con cui sono riuscito a conquistare una nuova fascia di pubblico (quella online) che diversamente non avrei raggiunto. Quando potrò tornare sul palco in platea ci saranno anche quelle persone, e questo è un grande risultato.

Secondo me, quello che fai è d’ispirazione anche perché capita che non ci si riesca ad infilare in nessuna categoria professionale standardizzata. L’idea di creare un tuo ruolo, personaggio, professione è importante. Non solo per me, ma anche per altri. Ora che il sistema non sta funzionando, l’idea di riportare la creatività nei ragazzi può dare un’influenza per ristrutturare una società più a nostra misura, creandoci dei profili diversi. 

Non avrei saputo dirlo meglio. Quando mi dicono che sono fortunato perché faccio qualcosa che mi piace, ripeto che nessuno ti obbliga a fare un lavoro che non ami, e che se fai una scelta come la mia devi essere disposto ad affrontare enormi sacrifici, anche nella sfera privata. Ai giovani come te dico sempre: “siamo destinati a lavorare tutta la vita, quindi se passi tutto il tuo tempo a fare qualcosa che odi sarà un inferno. Cerca di fare qualcosa che ti dia soddisfazione o trova il tuo equilibrio e la qualità della tua vita sarà decisamente migliore”.

Poi per carità, conosco persone che fanno un lavoro poco stimolante, ma al di fuori dal contesto lavorativo hanno delle grandissime passioni ed una vita estremamente ricca. Ma se per te il lavoro è strettamente legato alla tua vita è fondamentale fare qualcosa che ti piaccia. È una riflessione che secondo me tutti dovrebbero fare per capire quali sono le azioni da compiere per migliorare la propria vita. Il mondo là fuori è complicato come non lo era da tempo e le prospettive non sono delle migliori, viviamo in un mondo con una data di scadenza, una condizione che non ha vissuto nessuno prima di noi. Bisogna cercare di vivere bene per avere le energie per contribuire a migliorare il mondo in cui ci muoviamo.

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Per me è sempre stato così. L’idea di fare qualcosa di socialmente utile per il mondo. Abbiamo questa idea che la vita sia dopo il lavoro, invece la vita è tutta la giornata.  Solo più due domande, promesso. La prima: 3 album che ti hanno segnato particolarmente.

Allora, uno è Scott 3 di Scott Walker, il disco che mi ha fatto accettare la mia voce da basso e comprendere che con questo tipo di voce si possono toccare corde emotive profonde in un modo unico. Un altro è il primo disco dei King Crimson, In the court of the Crimson King. Avevo 14 anni e all’inizio non capì nulla, ma anni dopo mi fece esplodere la testa!

Il terzo è The Heart of the Congos dei Congos perché è il disco che mi ha fatto innamorare del dub, del reggae e della battuta in levare in genere. Non sono i miei preferiti in assoluto, ma ognuno di questi dischi mi ha fatto fare un salto come ascoltatore e come essere umano.

Un libro che ti ha colpito recentemente?

Un libro che ho ripreso in mano recentemente e mi ha ridato una bella pettinata è Il Resto è Rumore del musicologo americano Alex Ross. È il più importante testo sulla musica “classica” contemporanea, argomento potenzialmente pallosissimo, ma trattato dall’autore con una fluidità incredibile, si legge come un romanzo. La ritengo una lettura fondamentale che consiglio a tutti. Che dire, la chiacchierata con Federico è stata a dir poco illuminante. Sono uscita da quello studio, pieno di musica e libri, carica di ispirazione, con qualche preoccupazione per lo scenario presente e futuro, eppure determinata e colma di desiderio di condivisione.

Spero che questa lettura ispiri anche voi. Federico sta continuando a performare online, anche se non vede l’ora di poter tornare a farlo sul palco davanti a un pubblico in carne e ossa. Seguitelo per avere news sul suo lavoro e lasciatevi trasportare dalla sua energia travolgente.

Ah, mi raccomando supportate gli artisti! Peace Federica Albo aka Umana

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https://www.instagram.com/federica.albo

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LO SAPEVI CHE?


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Cyndy Campbell

Lei è Cindy Campbell, la sorella di Dj Kool Herc.

Nell’estate del 1973, per fare qualche soldo, decise di dare una festa per i suoi coetanei in una sala ricreativa del suo quartiere a New York City.

Disegnò l’invito e, per risparmiare, chiamò suo fratello a mettere musica.

Era l’11 agosto 1973 e l’Hip Hop, anche grazie alla sua prima promoter, stava ufficialmente nascendo.


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STUDIO21 PLAYLIST by Sly

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